Oli per friggere: tra scienza e pratica in cucina
In cucina, la pratica rompe la grammatica. Studiare la nutrizione è fondamentale, ma il campo è così vasto che conoscere tutto è impossibile. Così come in medicina esistono specialisti – endocrinologi, cardiologi, gastroenterologi – anche nella nutrizione dovremmo distinguere diverse figure, tra cui il nutrizionista in cucina.
Sui social si parla spesso di tutto senza la giusta competenza, ma la stessa cosa accade anche tra i professionisti. Non tutti, certo. Ad esempio, il prof. Sorrentino è un grande esperto, ma alcune sue affermazioni – riportate su Repubblica e sul suo sito – meritano un approfondimento critico.
Il punto di fumo e la scelta dell’olio per la frittura
Si dice spesso che il punto di fumo sia il criterio principale per scegliere un olio da frittura. Ma è davvero così? Vediamo qualche dato.
Un punto di fumo di 191°C non è affatto basso, considerando che la temperatura ideale per friggere è intorno ai 180°C. In alcuni casi, come per le patate e i calamari, si può scendere fino a 170°C, a patto di rispettare una regola fondamentale: friggere massimo 100 g di prodotto per litro di olio.
Ma la vera questione è un’altra: non dobbiamo scegliere l’olio solo in base al suo punto di fumo. Ecco perché:
Se friggiamo con criterio e utilizziamo un termometro da cucina, la temperatura non dovrebbe mai superare i 190°C e comunque non oltre i 200°C. Superata questa soglia, infatti, tutti i grassi vegetali iniziano a formare glicidil esteri, composti potenzialmente dannosi per la salute. Quindi, un olio con un punto di fumo superiore ai 200°C non è automaticamente più sicuro o più adatto alla frittura.
L’olio cotto non è un nemico della salute. Al contrario, ha un effetto positivo sulla digestione perché stimola il rilascio degli acidi biliari. Questo significa che possiamo consumare con serenità anche verdure ripassate in padella, a patto di rispettare le giuste temperature di cottura.
Conclusione
La scelta dell’olio in cucina non può basarsi su un solo parametro. Serve equilibrio tra scienza, esperienza e buon senso. La frittura può far parte di un’alimentazione sana, purché venga eseguita correttamente. E ricordiamo: la nutrizione non si studia solo sui libri, ma anche dietro ai fornelli.
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