La curcuma: uno dei principi attivi più studiati dalla comunità scientifica; uno dei più dibattuti; immancabile alleato nelle cucine di tutto il mondo e, da molti anni, l’amore per il benessere l’ha portata anche sulle tavole italiane.
Gli studi epidemiologici sulle popolazioni orientali che ne fanno largo uso sono estremamente positivi: sembra che alcune patologie tumorali, autoimmuni e metaboliche proprio non tocchino chi fa uso di curcuma con una certa regolarità; se fosse così avremmo risolto la maggior parte dei problemi di salute in tutto il mondo.
Ottima per lenire le infiammazioni articolari, aiuta ad utilizzare i grassi per generare ATP, detossifica fegato e intestino, migliora la funzione urologica, limita l’insorgenza di infiammazioni, previene molti tipi di tumore e, non per ultimo, può prevenire e curare quasi tutte le malattie metaboliche.
Ma basta veramente un cucchiaino nell’insalata per accedere a tutti questi meravigliosi benefici?
Per cercare di fare un po' di chiarezza, possiamo dire che molti studi riportano risultati fortemente incoraggianti su le reali qualità di questa spezia miracolosa, ma è stato calcolato che della curcuma alimentare (curcuma in polvere) il nostro corpo è capace di assimilare solo il 6-8%, una quantità insufficiente e quindi inutile per svolgere qualunque tipo di attività. A questo punto il mondo della nutrizione è stato invaso da integratori che potessero supplire a questa scarsa biodisponibilità della curcuma; inizialmente medici e nutrizionisti consigliavano di aggiungere un po' di olio d’oliva alle compresse o capsule di curcuma per sfruttarne l’attività lipofila e migliorarne l’assorbimento, potete immaginare che la base scientifica di questa metodologia abbia fondamenti abbastanza ridicoli. In seguito si è cercato di legarla ad un alimento termogenico, come il pepe; sembrava quindi che una bella insalata con olio, sale, pepe e un cucchiaino di curcuma fosse la ricetta ottimale per assumerne nelle giuste quantità ma i risultati, come possiamo immaginare, non erano sorprendenti. Solo con l’arrivo di preparazioni farmaceutiche che associavano la curcuma alla piperina è stato dimostrato che in questo caso le concentrazioni ematiche di curcuma nel sangue, a mezzora dall’assunzione, potessero arrivare al 20%, ma anche qui troviamo un ostacolo: la piperina, che è un estratto di sintesi del pepe nero, ha sicuramente un’azione termogenica ma ha anche un’azione, se pur lieve, pro infiammatoria, soprattutto a livello gastrico. Questo entra in contrasto con l’azione anti infiammatoria sull’apparato gastro digerente per cui la curcuma viene spesso consigliata.
Dopo anni di tentativi, spesso fantasiosi, per rendere efficace l’utilizzo di questa spezia diventata poi integratore per ovvi motivi, la tecnologia farmaceutica è approdata ad una soluzione ottimale e valutabile scientificamente, ossia quella di inserire le molecole di curcuma all’interno di un grasso vegetale, consentendone così l’80-85% dell’assorbimento, rendendo in questo modo la curcuma il principio attivo preferito da molti specialisti in ambito clinico, come ortopedici, gastroenterologi, epatologi, diabetologi, endocrinologi e oculisti.
La forma fitosomiale riveste le particelle di curcuma consentendo loro di superare completamente il tratto gastrico, venendo assimilate direttamente dal duodeno e assorbite dalle cellule molto velocemente e senza essere “consumate” da stomaco e fegato.
La controindicazione che nel maggio scorso ha allarmato il Ministero della Sanità, era una controindicazione da sempre conosciuta: evitare la curcuma in soggetti affetti da calcolosi della cistifellea. Anche i prodotti composti da curcuma fitosomiale, riportano questo claim obbligatorio previsto dal Ministero anche se la particolare formulazione suggerirebbe una minor incidenza su questa problematica.
Ecco perché, anche e soprattutto in questo caso, è bene affidarsi a professionisti che identifichino le migliori produttività nel campo dell’integrazione. Quest’ultima, come ricordiamo, non potrà mai sostituire una dieta variata e uno stile di vita sano ma, se analizzata con coscienza, può svolgere veramente il compito per cui è nata, ossia integrare principi attivi che il nostro corpo non produce o fornire elementi che vengono assimilati con grande difficoltà; il vantaggio che gli asiatici hanno su di noi, è che assimilano questo specifico principio attivo praticamente in ogni loro pietanza da migliaia di anni.
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